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Gioia condivisa

Leggo oggi nel Deuteronomio: “Perché il Signora gioirà di nuovo per te facendoti felice”.

Quando Dio gioisce ci rende felici. Troviamo una connessione chiara tra la gioia di Dio e la nostra felicità. Proprio anche sotto questo aspetto si attua la voce di Gesù: “Come in cielo, così in terra”.

La differenza tra gli dei dell’Olimpo, che procuravano la propria felicità, anche sulle spalle degli uomini. Qui notiamo l’egoismo, lì notiamo l’amore partecipativo.

La felicità umana è connessa con la permanente beatitudine di Dio. Quando noi cadiamo nella tristezza, non è Dio che ci procura il malessere. Siamo noi che ci sottraiamo dall’influsso beatificante di Dio. Rivestiamo una corazza protettiva contro il sole di Dio, ci serriamo nel bunker antiatomico del nostro egoismo coriaceo.

Aprirsi liberi a Dio, è esporci alla sua felicità contagiosa. Certamente una delle strade del contagio di Dio, nostro Padre, è il Vangelo. L’altra strada è l’Eucarestia.

L’Eucarestia, quando Dio si perde in noi, per effondere tutto se stesso.

Come il tocco di Gesù sui malati trasmetteva loro la salute di Gesù, così il contatto arcano di Gesù con noi, ci trasmette la sua risurrezione. Questo può avvenire soltanto grazie alla fede, germinata in noi dallo Spirito Santo.

Ma noi, che ci stimiamo credenti, avvertiamo e sperimentiamo il travaso di felicità di Dio in noi? C’è un metodo per cogliere la gioia di Dio?

Forse la radice umana dell’esperienza della gioia di Dio, è la nostra speranza. Una vera speranza “dei beni avvenire” si manifesta nella serenità prodotta in noi dalla certezza che Dio non viene meno alla sua promessa.  

29.01.14