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Volontà di Dio

Il vocabolo greco “boulomai”, e il quasi corrispondente “thelo”, sono diversamente usati nel Nuovo Testamento.

I due vocaboli greci vennero usati nella traduzione dall’ebraico al greco, operata dai LXX, nel periodo in cui i due vocaboli cominciarono ad avvicinarsi e a sovrapporsi.

Nella Scrittura li troviamo, pur usati con sfumature diverse, sia riferiti all’uomo, sia riferiti a Dio.

Qui ci interessa comprendere, prima di tutto, quale significato ha la frase “volontà di Dio”, adoperata nel testo che usiamo quotidianamente, ossia nel corso del “Padre nostro” (Mt 6, 10). Il greco usa il tema “thelo”: lo stesso usato nel ricordare Gesù nel Gethsemani: “sia fatta la tua volontà” (Mt 26, 42)

La volontà di Dio è indicata come qualche cosa di irrevocabile, che piace a Dio; qualche cosa che compiuto ritorna nel compiacimento di Dio: quasi un compiere non solo ciò che il Padre vuole, ma anche ciò che rientra nella gioia di Dio, nel suo rapportarsi all’uomo.

E’ volontà, quindi, che è in vista di un’armonia con il Padre, e perciò in vista della gioia e del compiacimento (eudokia). Perciò Gesù afferma di compiere ciò che piace al Padre. Paolo indica il frutto della volontà del Padre (Ts 4,3): questa è la volontà del Padre, ossia la nostra santificazione.

La santificazione non è conseguenza del nostro operare, per quanto retto, bensì è partecipazione del Santo, ossia di Dio. La sua volontà, quindi, è quella di “indiarci” (per usare un dimenticato tema dantesco), cioè di essere in terra, ciò che lui è in cielo: Lui, il “solo santo”.

Volontà di Dio non è un comando, ma un invito a essere come lui: come in cielo, così in terra.

GCM 14.04.13