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Vieni: è Avvento

Tempo addietro mi infastidiva il “vieni” delle preghiere rivolto a Dio: “Vieni presto a liberarmi”, “Vieni, Santo Spirito”, “Vieni, Salvatore dei poveri”, ecc. Il “vieni” mi dava la sensazione di rivolgermi a una persona distante, che è invitata ad accostarsi. Invece io ero sicuro della continua vicinanza e presenza di Dio.

Poi lo Spirito mi aiutò a vincere la mia presunzione filologica, attraverso le parole di un libro – ostico alla mia ignoranza, eppure “Parola di Dio!” – il libro dell’Apocalisse. Trovo scritto: “Ecco sto alla porta e busso”. La vicinanza deve diventare accoglienza, cioè un dire il mio “Avanti, vieni pure dentro di me!” Il “vieni” esprime la mia libertà nell’accogliere Dio. Non è un invito pagano a un Dio distratto e sordo (per esprimermi con il profeta Elia), ma un Dio amante, vicino e desideroso di entrare.

E allora ho intuito la “festa” dell’accoglienza. La festa anticipata dell’Avvento annuale. Ho perfino intuito la gioia festosa del padre che fa rientrare a casa il figlio sviato e sperperone.

Vieni, mio Padre; vieni, mio Gesù; vieni, mio Spirito d’amore! È il vieni festivo e festoso dell’amicizia, dell’amore: “Noi verremo da lui e abiteremo con lui” dice Gesù, felice di trovarsi ancora con quei figli dell’uomo, che egli desidera “amici”. Tanto amici da spogliarsi della propria forma divina, pur di stare con loro.

Vieni! E facciamo festa con Dio, con il nostro Dio festoso nell’amare (l’amore autentico è festa). Per lui restare con i figli dell’uomo è “delizia”. Il nostro “vieni” è donare a nostro Padre, al fratello Gesù e allo Spirito amante, l’occasione, affinché entrino nella nostra festa, prodromo della festa eterna: nostra.

GCM 01.07.12