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Trasparenza

Dallo studio della filosofia e della teologia, soprattutto quella sublime e accademica, abbiamo appreso che gli oggetti del conoscere (che spesso incrociano con gli oggetti della fede) sono di due categorie fondamentali: trascendenti e immanenti, cioè non direttamente sperimentabili e concreti, tangibili.

Per la fede, queste due categorie indicano principalmente Dio (trascendente) e il creato (immanente). Però qualche teologo inserisce una categoria intermezza: la trasparenza.  Con questa ci troviamo un po’ al di sopra delle cose empiriche, e molto al di sotto delle cose trascendenti, eppure che a queste si riferiscono.

Probabilmente la trasparenza è la categoria che si serve dell’amore, della capacità di oltrepassare le cose empiriche, in uno slancio verso l’invisibile.
Come è un dono dell’invisibile per lasciarsi intuire. È la zona della conoscenza “per amore”, cara alla mistica francescana.

Alla trasparenza ci invita l’arte, che non si impone per la sua concretezza, ma che attira per il suo fascino… se vera arte è, e non scade a tecnica di semplice proposizione.

Perciò quanto concerne il parlare di Dio, è esercitato dalla poesia. Da tutta la poesia, che si esprime con lirismo, in molte forme, dalla pittura, alla musica, dall’architettura al mosaico, ecc.

I Vangeli sono anche poemi poetici che fanno trasparire Dio.

L’arte informale e astratta concede molto spazio alla trasparenza, e potrebbe educare anche alla fede, attraverso il suo uso massiccio della trasparenza.
Evidentemente, nella pittura, non è l’unica forma che alimenta la trasparenza.

Dio, per apparire a noi, si è servito della parola, e, soprattutto, del Verbo. Infatti Dio nessuno l’ha visto. Ma il Cristo, voluto e creato dal Padre, ce lo ha narrato.

GCM 06.04.12