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Tensione all’uno

Tutto tende all’unità, perché tutto sgorga dall’unità. Da quell’unità di Dio che è la perfetta, incomprensibile a noi e beata in sé, unione delle tre persone divine.

La stessa scienza cerca l’unità iniziale, che sia il muone, o il big bang, il brodo primordiale, o quel che sia, ma la ricerca dell’uno iniziale è continua, magari inseguendolo con i neutrini.

La medicina ha la sua tendenza olistica. La geometria sacra si abbraccia alla storia nel tempo, e scopre forme uniche, alla base di ogni manifestazione architettonica sacra.

Si fa strada, o almeno capolino, una metafisica di nuovo conio, una metafilosofia, una metateologia, e c’è il tentativo Baha’i di una nuova religione. Il bisogno di unità e di unificazione è dilagante. Perfino la politica tende a unire l’Europa, e si cimenta nell’ONU.

La nostra fede in Gesù ci aveva avviato all’unità del mondo in Cristo, già con due millenni di anticipo. Credemmo in questa tensione all’unità, fin da allora, perché educati a godere l’unità nella Trinità.

Però non tutto è ancora unificato. La cristianità stessa, lungo la storia, ha patito divisioni e separazioni. La cattolicità della Chiesa ha subìto lacerazioni, vive ancora oggi.

Eppure Paolo ci avvertiva: tutto l’universo è attraversato dalla presenza dello stesso unico Spirito, che riempie ogni cosa e ogni persona, compito che è simboleggiato dall’energia cosmica.

Paolo, scrivendo ai Corinzi, e guardando all’esito finale (lo sguardo cristiano del nirvana definito nel Brahama) ci avverte: superato l’ultimo nemico (la morte), e  “quando tutto sarà sottomesso a lui (Gesù), anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti”. (1Cor, 15-28)

GCM 9.11.11