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Obbedienza di Dio

Quando Dio si impegna, realizza. E per noi è meraviglia incalcolabile.

Mi riferisco all’Eucarestia, quando Dio obbedisce e sbalordisce. Io chiamo la sua santificazione sul pane e sul vino, ed Egli è là, dove io l’ho chiamato.
Obbedisce a me, alla sua Chiesa. E’ un capovolgimento.

Io obbedisco a Dio, che vuol perpetuare l’Eucarestia nella sua Chiesa.  Lui obbedisce alla sua Chiesa, quando questa lo chiama nell’Eucarestia. La Chiesa reclama, attraverso me e la comunità, la sua presenza nel pane e nel vino, e lui è immantinenti presente.

E’ meraviglioso! Eppure ce ne accorgiamo poco, e tanto meno ci lasciamo penetrare di tenera riconoscenza.

Per obbedire al Padre e alla Trinità, il Verbo diventa carne. Per obbedire agli uomini, egli si fa Eucarestia.

Nasce così la contemplazione, quella che sollevava in estasi Giuseppe da Copertino, o durava mezza giornata in Lorenzo da Brindisi.  Contemplazione che non parla, ma percepisce una presenza, non altrimenti rilevabile.

La fede è radice di gioie inesplorate. Gioia nel culmine della spiritualità: oltre, nel corpo esiliato sulla terra, non si può andare. Gioie spirituali, che anche il corpo proverà, quando risorto sarà rapito nel divino. Solo Cristo, risorto, ci indica la situazione futura, dove lo Spirito assorbe la materia e rende questa capace delle misure immisurabili dello Spirito. Non come il Corano, che proietta gioie tangibili nell’al di là, dove anche la donna sarà ancora a servizio del godimento dell’uomo.

Tutto sarà inondato di Dio. Di quel Dio mite, che obbedisce anche a me, a te, alla sua Chiesa.

GCM 04.03.13