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La misura del perdono

Siamo abituati a pesi, grammi, centimetri e misure. A ogni passo troviamo una domanda: "Quanto?".

Quantità e confronti, di più e di meno. Chi è il più bravo? Quando si chiede a uno studente se ha studiato bene, la risposta è: "Ho ricevuto un otto!". Non dice di aver studiato bene o a sufficienza. Gli basta assicurarsi, secondo la misura dell'insegnante. E se l'insegnante ha subito una svista, non si critica l'insegnante, se non quando ha assegnato un voto basso. Se poi l'insegnante, pressato dai colleghi o dai parenti dell'alunno, trasforma un quattro in un otto, l'alunno da cretino diventa un genio, per i parenti, e purtroppo, anche nella sua autoconsiderazione.

Misure al posto dell'autocoscienza. Però c'è un posto dove si parla di una misura, e su di essa non si può barare.

Si tratta del Padre nostro. Qui la misura è chiaramente espressa: "Nella misura con la quale noi sciogliamo i debiti del nostro prossimo verso di noi, tu sciogli i nostri debiti verso di te!".

Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Quel "come" è obbligante. Esprime la moralità del nostro perdono, e quindi la sua misura, la sua qualità.

Il "come" è forse una furbata di Gesù, per dire che Dio perdona? Per tenere sospeso il perdono vicino? Oppure è uno stimolo a riconoscere il nostro modo di perdonare, sapendo che solo Dio conosce la misura del nostro perdono, e lasciando a lui l'incobenza di misurarlo.

Per grazia sua, sappiamo che le misure di Dio differiscono dalle nostre misure, e che esse sono frutto della misericordia. Ma questa certezza non ci esime dal migliorare la "qualità" del nostro perdonare.

GCM 16.01.12