La paura della fine si affaccia sovente in questo periodo di scosse telluriche. E con la paura il duplice tentativo: di rassicurazione che tutto passerà, e di sicurezza della catastrofe.
In Luca troviamo l’avvertimento di Gesù: ci saranno guerre e terremoti, ma non è prossima la fine. Però Lui stesso confessa di non conoscere “l’ora”, che è conosciuta soltanto da suo Padre.
A Gerusalemme, ai tempi di Gesù, era crollata una torre, la cui caduta aveva causato molte vittime. Gesù ne prende lo spunto non per spaventare, ma per annunciare: se non vi convertirete, perirete tutti.
Per molti di noi questi eventi luttuosi e paurosi (come uragani, tsunami, mareggiate, temporali...) sono solo causa di paura. Per Gesù sono causa di riflessione e di invito alla “metànoia”.
Anche la paura può servire alla conversione, purché conversione sia davvero, e non tornare a recitare delle preghiere, in modalità magica.
Non si deve abbandonarsi a un fatalismo pigro. Infatti la vita è dono di Dio, e perciò va protetta e alimentata. L’obbligo divino a proteggere il suo dono, deve essere osservato nel miglior modo possibile. Ma non si può cadere nell’attivismo ansioso o nella passività rassegnata. E’ doveroso fare ciò che si può. Ma farlo, per lodare Dio e per metterci nelle sue mani, o, come dice S. Francesco, nelle “sue voluntati”.
Dio potrebbe arrestare il terremoto?
A dire di Gesù, al quale prestiamo integra fede, Dio può tutto: a Lui nulla è impossibile!
Al potere assoluto di Dio, Gesù accompagna l’esigenza della fede: “Se dite a questo monte: Gettati in mare ...”
GCM 02.06.12