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Spirito Santo e cuore

Fra le tre persone della Trinità, quella che sembra la meno evidente, tranne nella speculazione dei teologi, è lo Spirito Santo.

Tutt’al più lo trattiamo da strumento: strumento per la nostra consolazione, per il perdono dei peccati, per l’illuminazione delle nostre menti. Lo invochiamo come aiuto, non come un caro amico, un compagno con il quale vivere e camminare, pur sapendo che egli, all’occorrenza, ci offre un braccio e un appoggio.

Nell’Antico Testamento si descrive la “Sapienza” come una conviviale, un’amica, una magnifica compagnia. Se leggiamo il libro della Sapienza, troviamo che l’autore desidera sposare la Sapienza per convivere con essa. I termini e gli effluvi dell’amante si indirizzano verso la Sapienza.

“Rientrato in casa, in essa troverà riposo, perché la sua compagnia non procura amarezza, né dolore la sua convivenza, ma letizia e gioia” (Sap 8,16). Or bene lo Spirito Santo è lo Spirito di Sapienza, la fonte della Sapienza. Ossia è la Persona che “impersona” la Sapienza.

E’ commovente poter “fidanzarci” con lo Spirito Santo. Entrare nella sua vita, ed accorgerci che lui è entrato nella nostra. Egli non è soltanto il nostro consolatore, ma è soprattutto la nostra consolazione, quella che viviamo dentro, quando il nostro essere si intenerisce nella dolcezza di Dio, al quale ci abbandoniamo.

Quando al Padre diciamo “Nella tue mani abbandono la mia vita”, la soavità distesa e dolce che proviamo, è lo Spirito che ci sta abbracciando. – Non ci si abbandona al Padre, se lo Spirito di Dio non ci offre contemporaneamente le sue braccia, che ci sostengono.

2008