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Speranza con lo Spirito

Alla società, seduta nel non sperare, anche quando lo stordimento del piacere fa illudere di avere ancora qualche motivo per camminare, finalmente arriva Gesù. Anche quando tutto appare perduto e ci si adagia in uno “speravamo”, anche allora un rimasuglio di speranza può essere ricuperato, rimasuglio che si trasforma in luce e in entusiasmo, come accadde ai due discepoli, che si recavano a Emmaus, dopo la “morte” di Gesù.

Fautore della speranza invincibile è lo Spirito Santo. Essere “guidati dallo Spirito” è imbarcarci nel tragitto della speranza. Il dono dello Spirito si effonde “anche sui pagani”, come troviamo scritto nella Storia degli Apostoli. Tra i frutti dello Spirito, come troviamo scritto nella Lettera ai Galati, è la fiducia. Lo Spirito ci conduce ad abbandonarci a Dio, e ci abbandona soltanto se nutriamo fiducia in colui, al quale ci si abbandona.

Lo Spirito conosce ciò che vive nell’uomo e ne sa attivare le sue potenzialità. Il cristiano che smette di sperare, è il cristiano che non ammette le immense, ossia divine, iniziative dello Spirito Santo.

Nella messa di Pentecoste, siamo invitati a vivere la “sequenza” prima del Vangelo. Tale inno, rivolge allo Spirito i titoli più dolci e confidenziali.

Padre dei poveri, luce dei cuori, consolatore impareggiabile, ospite dolce del cuore, sollievo soavissimo. Nella fatica, riposo, nella calura, riparo; nel pianto, conforto. O luce beatissima, invadi in profondità il cuore dei tuoi fedeli. Scalda ciò che è gelido.

Tutti titoli, che ispirano fiducia, che rilanciano all’opera, che aprono alla speranza. Del resto solo grazie allo Spirito noi crediamo a Gesù, e credere a Gesù è immergerci nella speranza.

10.04.15