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Simboli devianti

Fanno sorridere le messe sontuose, con musiche elaborate dal coro. Come fanno sorridere certe forme di pietà, dove lo stile e le preghiere elaborate cercano di richiamare gusto e, forse, attenzione.

Questo mondo di culto mi ricorda da vicino gli inganni della gastronomia, capace di ammannire cibi molto conditi. Il condimento pesante impedisce di sentire il gusto genuino del cibo naturale. Un’insalata con il pinzimonio, è gustata non in quanto verdura, ma in quanto piccante: insomma si gusta il pinzimonio e si dimentica la verdura. E così si dica di pasta al pomodoro, ecc..

Quanta liturgia e quante preghiere nascondono Gesù sotto orpelli di ciarpame!

Il richiamo all’essenziale è urgente, che non avvenga come per i papa rinascimentali, che di pastori del gregge, avevano perso anche l’odore.

Ricondurre tutto all’unità, considera anche il ricondurre tutto all’essenziale: l’uomo vivente, nella storia e in Dio. Il resto o è di aiuto o appesantisce come orpello.

E di orpelli si ammanta spesso la liturgia cattolica, quando la “simbolica” è tanto lontana dal simbolo, che veicola l’essenziale. Il simbolo, di qualsiasi fattura, che ferma su di sé l’attenzione, non è più simbolo, poiché pretende di attirare l’attenzione su di sé. È il destino di quasi tutti i cerimoniali e i cerimonieri.

Rendere i simboli semplici e immediati. Purtroppo spesso siamo costretti a spiegare un simbolo imposto, anche dalla tradizione, perché esso non introduce immediatamente all’essenza del simboleggiato.

25.01.14