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Santificare

Stamani mentre leggevo il Vangelo, durante la messa, mi sono imbattuto tre volte nella parola “consacrare”. La parola, attribuita all’azione di Dio, mi è parsa stonata, ma mi ripromettevo di rivisitare il testo originale, per chiarirmi le idee.

Da molto tempo io mi sento di negare la sinonimia tra consacrare e santificare. Gli uomini consacrano, ossia destinano al culto un settore della vita laica e delle cose di uso comune. Azione umana, che dedica qualche azione,  cosa o  persona, a Dio. Invece Dio santifica.

Dio trasmette la sua santità (ossia se stesso) alle persone o alle cose. Dio santifica il pane, non lo consacra: soltanto così il pane può essere “trasformato” nella persona di Gesù. L’uomo consacra al culto divino, come offerta, il pane, che tuttavia resta pane, pane benedetto (se così garba), ma sempre pane.

Da qui si vede che la separazione, la non-sinonimia tra santificare e consacrare non è da poco. Indica provenienza, si può dire, diametralmente opposta.

Quando perciò lessi che Dio “consacra nella verità (= attraverso la verità)” mi sono trovato a disagio. Poi mi ha consolato il fatto che il testo originale usa - ovviamente e giustamente - il vocabolo “aghiazo” (=santifico).

L’opera di Dio è quella di “santificare con la verità”. Se ci ricordiamo che “verità” è praticamente sinonimo di divinità o di Dio, allora Dio santifica con se stesso. La conferma è data da Gv 17, 17:” La tua Parola è verità”. Come dire: “Il tuo Verbo (logos) è Dio”.

Noi siamo trasformati, diventati santi, per l’infusione di Dio in noi. Gesù ci assicura che saremo così pieni di Spirito Santo, da diventare fontane che zampillano. Oppure roveto ardente.

GCM 25.05.13

Scadenze false

Ho sentito dire da qualche devoto, che recitando il rosario del Padre (non quello della Madonna) si sollecita il tempo nuovo, nel quale i “cent’anni del maligno” finalmente termineranno, con essi finiranno le deviazioni dal vero, e ci sarà un tempo felice.

Poi leggo il Vangelo, e, mentre la gente gli chiede quando verrà la salvezza, Gesù afferma che certe scadenze non le conosce nessun uomo, neppure gli angeli le conoscono, e addirittura neppure lui, il Figlio dell’uomo: soltanto il Padre.

Paolo sconsiglia le ritualità, che riguardano il tempo. L’Apocalisse esprime tempi e momenti, ma in senso simbolico.

Nel nostro tempo, Maya e Testimoni di Geova hanno sempre steccato quando hanno affermato scadenze.

Tutto è nelle mani del Padre... per fortuna, perché solo così la nostra fiducia in lui può essere piena.

Perché introdurre certe pratiche di pietà, connnettendovi la certezza di scadenze nel tempo? Non ci si accorge che la pietà diventa superstizione: non è fiducia nel Padre, ma nel calendario.

Gesù, quando parla di errori del futuro, li descrive, ma poi aggiunge : “Però non è subito la fine”.

Paolo se la prende con quei cristiani devianti (qualche dubbio in proposito, però, lo aveva nutrito anche lui) che dicono imminente la fine, e perciò si dispensano dall’operare.

Insomma, quale Scrittura, quale Parola di Dio, conoscono certi cristiani che “sperano nel tempo”?

GCM 17.05.13


Scadenze false

Ho sentito dire da qualche devoto, che recitando il rosario del Padre (non quello della Madonna) si sollecita il tempo nuovo, nel quale i “cent’anni del maligno” finalmente termineranno, con essi finiranno le deviazioni dal vero, e ci sarà un tempo felice.

Poi leggo il Vangelo, e, mentre la gente gli chiede quando verrà la salvezza, Gesù afferma che certe scadenze non le conosce nessun uomo, neppure gli angeli le conoscono, e addirittura neppure lui, il Figlio dell’uomo: soltanto il Padre.

Paolo sconsiglia le ritualità, che riguardano il tempo. L’Apocalisse esprime tempi e momenti, ma in senso simbolico.

Nel nostro tempo, Maya e Testimoni di Geova hanno sempre steccato quando hanno affermato scadenze.

Tutto è nelle mani del Padre... per fortuna, perché solo così la nostra fiducia in lui può essere piena.

Perché introdurre certe pratiche di pietà, connnettendovi la certezza di scadenze nel tempo? Non ci si accorge che la pietà diventa superstizione: non è fiducia nel Padre, ma nel calendario.

Gesù, quando parla di errori del futuro, li descrive, ma poi aggiunge : “Però non è subito la fine”.

Paolo se la prende con quei cristiani devianti (qualche dubbio in proposito, però, lo aveva nutrito anche lui) che dicono imminente la fine, e perciò si dispensano dall’operare.

Insomma, quale Scrittura, quale Parola di Dio, conoscono certi cristiani che “sperano nel tempo”?

GCM 17.05.13