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Tempio e parola

Mostrarono a Gesù le costruzioni del tempio di Gerusalemme, e Gesù anziché ammirarle, disse con tristezza: “Di tale costruzione non resterà pietra su pietra che non sarà diroccata”.

Tale previsione era una stilettata al cuore di Ebrei devoti. Lui stesso pianse al pensiero che Gerusalemme sarebbe stata distrutta. E ne accusò la causa: per non aver creduto a lui.

Per gli Ebrei Gerusalemme e il suo tempio rappresentavano la presenza duratura di Dio nel suo popolo. Gesù, comunque aveva detto alla Samaritana che Dio non si adorava più a Gerusalemme, ma lo si doveva adorare in spirito e verità.

Il tempio, creato da mani d'uomo, avrebbe avuto una fine. Come ogni tempio, anche il tempio di San Lorenzo? E allora che cosa poteva perdurare, se i luoghi di culto cadevano o venivano abbandonati?

Cielo e terra passeranno, ma le mie parole dureranno per sempre: disse Gesù a chiare lettere. Anche quando egli volle continuare la sua opera di salvezza, non prescrisse di edificare chiese, ma “andate e predicate”, perché la fede si regge e si alimenta della sua parola. Parola accompagnata dai “miracoli” dei sacramenti (“Battezzate nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”). La forza di Dio non sta nell'esercito o nello stabile di una chiesa (che può anche servire per accogliere un raduno, organizzato per la parola e per il sacramento), ma nella forza salvatrice della Parola.

Possono essere abbandonati gli edifici di culto, ma la parola di Dio non è incatenata.

23.06.18