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Profeti non maestri

Quando ci atteggiamo a illustratori del Vangelo, durante il settimanale incontro, una prima parte è dedicata all’insegnamento, tramite la Sacra Scrittura.

La ritualità indica anche il comportamento. La profezia domina, naturalmente, poiché si annuncia la parola del Signore. Sono profeti, e non lettori meramente, coloro che trasmettono le parole della Bibbia. Infatti non trasmettono del proprio, ma “parole di Dio” e “parole del Signore”.

Queste frasi – convintamente dette, e non come semplice cerimonia – richiamano le frasi spesso ripetute dai profeti dell’Antico Testamento: “Oracolo del Signore!”.

Il profeta non è un semplice lettore, ma è un ritrasmettitore di ciò che, prima di lui, hanno detto o scritto i profeti. In quanto profeta deve essere consapevole di due verità: egli parla le parole di Dio, egli le annuncia ai fratelli, che ascoltano.
Mi lascia molto perplesso, quando, prima della messa, vedo qualcuno che si avvicina a una persona e le dice: “Vuoi leggere?”. No, è doveroso chiedere: “Vuoi essere profeta?”.

Gli atteggiamenti che gli annunciatori assumono, vengono chiaramente espressi nel Vangelo di Luca (4, 16 ss.). Gesù si alza quando legge il Profeta Isaia. Gesù si siede (da vero cattedratico) quando esprime il proprio pensiero. Vediamo, nei Vangeli, Gesù che si siede sempre quando insegna. Addirittura chiede una barca per insegnare, e in barca, se non si rema, si resta seduti.

Nella liturgia della Parola, lo stesso diacono e il prete, non sono maestri ma profeti. Dopo le profezie, il sacerdote o chi per lui, ricorda la “dottrina della Chiesa”.

21.08.16