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Nutriti dalla Parola  


Paolo, nella lettera spedita a Timoteo, indica la necessaria dedizione di Timoteo allo studio e alla riflessione.

“Dedicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento”. In altre parole, la lettura è attività importante per un vescovo. Con la base di verità, il resto dell’operare diventa ovvio, ma non preminente. La ricerca e l’amore alla verità, sono la cifra fondamentale per un’attività incisiva e piena di equità.

La prima equità va esercitata su noi stessi. Le nostre capacità e i nostri limiti, sono l’ambiente nel quale si calano le radici dell’attività. Anche la lettura, l’esortazione e l’insegnamento entrano in questi limiti di tempo e di capacità.

Forse la “lettura” deve servire proprio a quella conoscenza del figlio di Dio, e della figlia di Dio, che siamo noi.

Nella stessa lettera, Paolo scrive appunto dove sta la rifocillazione del cristiano: “Nutrito dalla belle parole della fede e della buona dottrina”. È interessante notare le due fonti: fede e dottrina. Fede attraverso la dottrina (insegnamento ricevuto dall’Apostolo), oppure due fonti parallele? Se due fonti parallele, qui troviamo un cenno alla tradizione? Quindi già da allora si tenevano presenti le parole essenziali, che sono da S. Paolo citate in altri contesti, e quanto già si formava nelle singole chiese e nelle singole liturgie.

Come nel francescanesimo si distinguono le parole “sanfrancescane” da quelle “francescane”, così già nel cristianesimo primitivo si distinguevano le parole della fede (assolute) da quelle della buona dottrina (opportune).

06.10.16