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L’uomo condizionatore

 
      Oggi nella liturgia ci viene ripresentata la Parola, inserita da Gesù in una parabola. Parola, che gli etimologi fanno derivare da “parabola” (messa accanto), è usata ormai in generale, per tradurre (tradire?) il greco logos, che a sua volta è usato per tradurre (tradire?) il polisemico ebraico “dabar”. È molto vicino alla verità che Gesù, parlando nella lingua materna, l’aramaico, mantenesse il significato, vasto e profondo, del “dabar”.

Perciò la sua parabola sulla Parola (logos) richiamava il sapore contenutistico del “dabar”. Ossia una parola concreta, che pronunciata produce. Ecco allora l’accostamento, molto indovinato tra logos e dabar, nel parlare di semina. Il seme è destinato a produrre, secondo la sua natura. Ogni parola che viene da Dio è creativa: “Egli disse (comandò) e avvenne!”.

Tutta la creazione avviene, perché Dio dice: il mondo fu creato, mediante il “logos”.

La realtà creata, è dotata di obbedienzialità, già… prima di esistere, e nel suo permanere nell’esistenza. Tutto è posto sia nella caducità (non eterno) che nella obbedienzialità; però c’è un settore particolare della creazione, dove l’obbedienza non è solo passiva, ma attiva, perché è dotata della capacità di collaborare con Dio. È il settore uomo.

La parabola della Parola, si rivolge a questo settore. Qui sempre la Parola è creativa, ma la stessa divina creatività si è condizionata, donando all’uomo la capacità di completare la medesima capacità onnipotente di Dio, nella sua potenza creativa. Ed è mistero! L’uomo può cambiare in produttiva o sterile la stessa Parola di Dio. Questo non è a beneficio o all’infertilità del seme, ma a beneficio o a disdoro del seminato. La stimolazione di Gesù è un chiaro invito a trasformarci in “terreno” produttivo.

        28.01.16