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Fede, Dio, Gesù

Paolo si trova agli arresti domiciliari in attesa di essere giudicato dal tribunale. Nell’attesa non passa il tempo nel leggere il giornale o nel risolvere i cruciverba. L’attesa è uno spazio per “accogliere tutti coloro che gli facevano visita, annunciando il regno di Dio, e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù con tutta franchezza e senza essere impedito”.

È opportuno notare il valore delle presenti righe, con le quali termina la stesura deli “Atti degli Apostoli”.

Paolo annunciava il regno di Dio, ma istruiva per quanto atteneva a Gesù. Ossia il regno di Dio era una realtà scontata, che si imponeva da sé, mentre la presenza di Gesù doveva essere spiegata.

Può darsi che i visitatori di Paolo fossero Ebrei, per i quali era sufficiente ricordare il regno di Dio, mentre non erano al corrente della novità di Gesù.
Oppure Paolo dava scontato per tutti, la “naturale” disposizione a riconoscere Dio. S. Basilio diceva che l’amore a Dio, era una cosa spontanea come la necessità del mangiare. Più tardi S. Agostino notava di essere fatti per Dio, e che solo arrivando a lui, l’uomo si sente in pace con sé e con l’universo.

Paolo era invece preoccupato di spiegare Gesù (il Signore, ossia Dio) perché era novità per tutti, in particolare per i credenti. Per questi era (ed è) necessaria la fede in Gesù per raggiungere il Padre. Mentre le religioni vedono Dio attraverso i miti o i libri, o i culti, noi credenti in Gesù, entriamo direttamente nel presente mistero, nella presente realtà di Dio.

Ai credenti (di qualunque fede possano essere), Gesù deve essere comunicato con franchezza e con libertà. Solo così si favorisce quell’osmosi di Dio, che conduce tutti a salvezza.

14.01.14