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Essere annoverati


Accettarono la predicazione quanti erano “destinati” alla vita eterna: così si legge nella traduzione italiana degli Atti degli Apostoli. Secondo la nostra mentalità l’essere credenti è un “destino”, ossia che uno voglia o non voglia è indifferente. E i non destinati se la mettano via, in pace.

La tradizione latina nota “praeordinati”, qualche traduzione italiana scrive “preordinati”, altra traduzione è più umana e parla di coloro che sono “predisposti” dove c’è posto per la libertà umana, che può accogliere o rifiutare.

Il greco ha “quanti erano ordinati verso la vita eterna”. Il verbo greco “tasso” è ampiamente polisemico. Non solo indica la formazione dell’esercito, il comando, l’ordinare di gruppi o di schiere, ma indica anche (con la preposizione “eis”) l’accoglienza della persona in un gruppo. Quindi non si tratta di una destinazione fissa e irreversibile, ma di un fatto che avviene. Non è un “pre”, ma un “così”. È accaduto che gli ascoltatori accettarono e perciò entrarono ordinati nel novero della vita eterna. Non erano predestinati, ma annoverati tra coloro che partecipavano alla vita eterna.

L’essere “stati ordinati” (perfetto greco), non riguarda un anticipo, ma una immediata conseguenza dell’ascolto della parola.

So di qualche persona, che spaventata da quel “destinati” continuava a chiedersi e a chiedere al confessore, se lei era destinata o meno. Non le bastava l’assicurazione dello scrittore antico: “Se non sei chiamato, fa in modo di farti chiamare”. Agognava a una certezza concreta, quella che predicava Calvino. Ma si dimenticava che Dio è Padre di tutti.

14.02.14