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L’ineffabile del pregare

Gesù è l’emblema autentico del pregare cristiano. Dio, che prega Dio, per avere Dio.

Padre Dio, Figlio Dio, il Regno è Dio stesso. Così la preghiera del cristiano si semplifica. Non sforzi di raccoglimento o costrizione di sublimazione. Se noi accettiamo di “essere Gesù” proprio perché egli si concede a me e in me, allora la vita è preghiera, e la preghiera è semplicemente vita.

Conseguenza ovvia: chi non prega, è morto. Liberaci dal male, è sì un essere liberati dal maligno, ma è soprattutto un essere liberati dalla morte, “l’ultimo nemico” come la definisce S. Paolo. Essere liberati dalla morte del non pregare.

Lo spazio della preghiera è l’unico spazio della vita. Mi sovviene: l’uomo è grande, quando si inginocchia. Frase bella. Comunque vera.

Si parla del respiro della preghiera, che, ovviamente, non è il respiro durante le preghiere, che spesso si pronunciano tutte d’un fiato. È respiro, ossia vivere coscientemente e amorevolmente nell’amplesso dello Spirito (Spiro) Santo.

La preghiera è come un accorgerci di essere sprofondati in Dio. Esser nell’atmosfera del Padre, non perché noi vi ci tuffiamo, ma perché già ci siamo immersi con la fede. È l’immersione profonda nella Trinità, quando siamo stati battezzati nel nome (essenza, vita, interiorità) del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Lo stesso Giovanni Battista, esperto appunto in battesimi, aveva intuito che il battesimo di Gesù sarebbe stato di consistenza diversa dal battesimo di “acqua in remissione dei peccati” che il Battista esercitava.

Quell’immersione nel Padre, non si è più cancellata in noi, e la preghiera nella fede in qualche modo la ravviva.

30.12.17