Il termine “liturgia”
Liturgia: ossia “azione del popolo”. Il greco (λειτουργία) leiturgia indica un incarico per il popolo. Presso i greci il primo significato è un aiuto gratuito al popolo (che richiama il volontariato), o anche un contributo del popolo (vedi: tasse). Quindi, di per sé, è una azione pubblica, aperta, partecipata. Non si può, nel cristianesimo, ridurre la liturgia a un cumulo di cerimonie. Nel cristianesimo una certa regolamentazione dei raduni comunitari si comincia a notare soltanto nel VII secolo d. C., quando il peso del diritto normativo, a servizio dell’autorità (appunto autorità più che servizio, o meglio un servizio all’autorità), di delineò e si impose. Si passò da un procedere già semplice e, in qualche modo, strutturato, a una “liturgia aulica”, ossia degna della “corte regale”. E delle liturgie auliche, si affermò sempre più il vestiario, le azioni e le parole. E così si abbandonò lo stile familiare dell’inizio (Atti: si radunavano nelle case) per assumere uno stile curiale e aulico. Questo presto soppresse il primo stile, per imporsi sull’azione “liturgica”, ossia popolare, non più azione del popolo, ma azione sul popolo. La liturgia, presso i greci, inizialmente, era l’apporto del popolo per aiutare il retto svolgimento dell’azione pubblica e degli agenti dell’ordine, stipendiati. Presso gli Ebrei e negli scritti del N.T. (vedi, Lettera agli Ebrei, e spesso altrove) è un riferimento usuale per indicare il culto, l’azione dei sacerdoti o dei diaconi. Anche la vita del cristiano è considerata una liturgia, un “servizio” a Dio. L’azione di Paolo e dei cristiani è quest’azione di offerta che è santificata dallo Spirito Santo. 17.11.16
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