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Il senso della missione

La vocazione cristiana è contrassegnata dall’urgenza di essere missionaria. Tale qualità, nella storia, non poche volte fu intesa come dominio. Il Medio Evo è un triste esempio di un cristianesimo come dominio, fino alle forme di soppressione degli eretici o della lotta armata per convertire i Sassoni.

La missione cristiana non è per dominare, nemmeno con la polemica teologica, ma l’emanazione nel mondo della salvezza iniziata da Gesù. Espansione di Spirito, non dimostrazione di potenza.

Oggi si ridesta questa necessità della missione, che talvolta è intesa anche come invio di missionari.

Però si sente forte il bisogno di una missione nel vecchio mondo della cristianità, ormai anemico e scheletrito a causa dell’esodo. È necessario riportare a Gesù, che può essere incontrato dentro o fuori delle strutture. Le strutture, pur utili, non sempre sono necessarie all’annuncio di Gesù.

Questa non assolutezza delle strutture per vivere lo Spirito, che anche alle strutture può adattarsi, può essere male interpretata. Si incontra una tendenza a distruggere le strutture, per favorire l’annuncio. Ho udito perfino lo slogan: “Meno Eucarestia e più insegnamento. Sembra che sopprimere i luoghi dell’Eucarestia sia inteso, anche da chi si crede responsabile, come facilitazione a uscire nelle piazze per annunciare il Vangelo. Ma, dico, quale Vangelo può sopprimere l’Eucarestia? Si vuole scambiare l’evangelizzazione dentro un’Europa, che vanta una chiesa a ogni chilometro, con l’evangelizzazione simile a quella fatta in Africa, dove è necessario percorrere cento e più chilometri per imbattersi in una chiesa?

22.04.18