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Per (attraverso) Cristo 

Certamente è salvifico lasciarci immagare dalla personalità di Gesù. Se ci avviciniamo veramente a quest'uomo, lui, umanamente ci avvince; non come l'ammirazione di una personalità forte, o di un eroe dello schermo, ma dal contatto reale con Gesù. L'ammirazione per Gesù, non è ammirazione per un assente, ma contatto con un presente. Sfuggire dal conoscere Gesù, uomo concreto e grande, è perdere il contatto “reale” con lui. Accostato Gesù, egli ci comunica la sua intimità di uomo sublime prima, e poi ci lascia scoprire la sua divinità, il suo essere Dio. Però il Dio in lui, viene scoperto e accostato attraverso il suo corpo.

Gesù era consapevole della sua missione concreta. Perciò non ci ha lasciato una foto, davanti alla quale piangere la sua scomparsa, ma ci ha lasciato il suo corpo e il suo sangue, perché attraverso l'uomo Gesù, incontrassimo il Dio “infinito”.

Ho udito delle persone che trascurano la persona concreta di Gesù, perché dicono che si trovano meglio a trattare con un Dio spirituale, tanto spirituale nella mente di quelle persone, da diventare evanescente, fino a scomparire, e così quelle persone parlano non con Dio, ma con quel fantasma di Dio, creato dalla loro stessa immaginazione. Un Dio dipinto nella fantasia.

L'approccio a Gesù ci redime dal fantasticare Dio. Non è un Dio, creato da noi per nostro uso e consumo (“io penso che Dio sia”), ma il Dio di Gesù, uomo concreto, che ha trasmesso la sua concretezza nell'Eucarestia. “Io sarò con voi fino allo scadere del tempo”. Quell'”Io” è stato pronunciato e affermato da un uomo concreto, che “concretamente” è Eucarestia, è cibo, è il viandante perpetuo che ci accompagna. “Io sarò con voi!”.

11.12.16