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Venga il tuo regno 

Venga il tuo regno. È il desiderio del cuore puro e della necessità di pace.

A Vittorio Emanuele secondo avevano imposto una frase ad effetto: il grido di dolore degli Italiani sofferenti, che invocavano il re piemontese, perché li liberasse. La liberazione, in realtà, fu una conquista anche con l’incameramento dei beni di molti.

I popoli sottomessi con le armi, difficilmente si sentono felici dei nuovi padroni, che di solito non sono migliori dei primi. Le conquiste erano sempre opprimenti: la storia di Israele lo testimonia.

Gesù ci fa dire “Venga il tuo regno!”. È l’unico regno desiderato davvero, che non si impone. Siamo disposti a che ci liberi, e il nostro desiderio non è quello di vivere da sottomessi, ma da liberi.

Il regno del Padre è desiderato, e quando il Padre viene, il nostro cuore si sente sollevato.

Mi sovviene quel poeta italiano, che tra le cose belle, inserisce degli strafalcioni massonici, dicendo che Gesù ha buttato la sua croce sugli uomini per renderli schiavi. Il Padre nostro non intende portare nessuna schiavitù, lui che solo riesce a superare la schiavitù più opprimente, quella che rende gli uomini e le donne tristi dentro le proprie ossa: la schiavitù del peccato.

Noi bramiamo il regno di Dio, perché alcune volte ne abbiamo gustato la dolcezza. Dolcezza di libertà e di abbandono. Dolcezza di attività distesa, non angosciata. Il barlume del Regno intravvisto, ce lo fa desiderare. Gesù è detto il salvatore, proprio perché ci fa salvi dal desiderare regni effimeri e illusori.

Proprio l’eternità del regno di Dio, ci dona sicurezza nel vivere la nostra speranza. Sì, Padre, venga il tuo regno, nel quale si vive la tua volontà in terra come in cielo.

 04.09.15