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Perdono e non perdono  

Mi riesce difficile staccare il delitto dal castigo, o la colpa dalla pena. Se si dà un delitto si dà anche il castigo connesso. Se c’è una colpa, ne consegue anche una pena.

E se la colpa non c’è? E se la colpa fosse perdonata?

La nostra fede ci assicura che Dio perdona le colpe a chi si rivolge pentito a lui. Anzi per assicurare il suo perdono, fornisce alla sua chiesa lo Spirito Santo in remissione dei peccati. E il perdono si fa tattile attraverso i sacramenti.

Qualche corrente di moralistica, ipotizza che la colpa è perdonata, ma il castigo resta da scontare o in questa vita o nel Purgatorio. È strano: la colpa è perdonata, mentre la pena annessa alla colpa rimane. Una specie di pena campata in aria, senza più base.

Però sarebbe come se un giudice dichiarasse: “La tua reità non può essere punita, ma tu in carcere ci vai ugualmente”.

Una misericordia di nostro Padre, tagliata a metà. Dicono: non sappiamo se c’è vero pentimento. Eppure Gesù dice al paralitico che i suoi peccati sono perdonati e poi lo guarisce dalla malattia. Gesù all’adultera spaventata e non condannata dagli uomini, semplicemente rivolge l’invito: “Va’ in pace e non peccare più”.

Dove, con l’aiuto dello Spirito Santo, vige un vero pentimento, si attua anche un autentico perdono. Perdono, non mezza assoluzione.

La nostra speranza, il nostro sorriso ci vengono istillati dalla confidenza in Dio, che perdona volentieri, a noi che ci abbandoniamo a Gesù. Anzi il nostro Padre ci ha già perdonato ancora prima che noi ci si accorga di aver peccato e ce ne pentiamo. Gesù è la remissione dei nostri peccati, il garante della nostra assoluzione.

23.03.15