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Paura e preghiera 

Nostro Padre conosce la nostra debolezza. Non per nulla ha creato le piante per nutrirci e per farci guarire dalle malattie. Forse, vedendo le nostre piccole o grandi paure, ha pensato alla camomilla, all’arnica e a mille altre piante rasserenanti.

È bello sapere che il Padre per noi non ha previsto un percorso eroico, come per Paolo. Vuole che camminiamo nel nostro piccolo, facendoci coraggio e assicurandoci della sua presenza. Allora anche le nostre paure sono un segno che il Padre ci aiuta. Ciò che il Padre può fare, lo fa, perché in lui non ci sono divisioni tra il potere e l’agire. Il come ci resterà sempre misterioso.

È vero che il nostro rapporto con nostro Padre si attiva sempre nella fiducia in lui. Quella fiducia che persino talvolta riesce a placare la nostra ansia.

L’esercizio della nostra fede nell’immenso amore di Dio, spesso si concentra nello sperare. Lo sperare, che è sempre la dinamica del nostro credere, è anche visibile fiducia nell’amore di Dio. Dichiarare le nostre paure si trasforma in preghiera alla misericordia, un momento di abbandono alla volontà di Dio.

Gesù, entrato nel Gethsemani, cominciò ad aver paura, disperazione, depressione. Poi a poco a poco, dopo molto penare, riuscì a confidare: “Non la mia ma la tua volontà si realizzi”. Paura sì, ma con lo sguardo nel Padre che ci accompagna e sostiene anche nei momenti di depressione.

Nessun nostro sentimento, tuttavia, sfugge alla preghiera. I salmi sono maestri e guida pratica, nel vivere i nostri sentimenti, di gioia e di tristezza, che diventano preghiera.

04.09.14