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Passato e presente

Sabato Santo: nelle chiese è comandata una liturgia sul Cristo che non c’è, che è scomparso. E questa liturgia la facciamo davanti al tabernacolo, dove Cristo è davvero presente.

Insomma: c’è o non c’è? Insomma durante il Sabato Santo cristiano, Gesù cancella per un giorno la sua Risurrezione perenne, definitiva?

La Settimana Santa (come è definita) può essere santa, senza Gesù? Non dovrebbe invece essere un rafforzamento della fede nel Risorto? Anche lo sguardo “commemorativo” dei misteri di Gesù, non può essere scompagnato dal Gesù perenne nell’Eucarestia.

Perché, nell’Ufficio Liturgico, del giorno di sabato, è inserita una lettura fantastica e mitica, di un Cristo che scende “negli inferi”?
Sono le solite forme di far star male i fedeli, per poi farli scoppiare di gioia (il risus paschalis?) nel giorno di Pasqua? Proprio come le persone che si mettono i sassolini nelle scarpe, per gustare il sollievo, quando i sassolini vengono tolti?

Nel Sabato Santo, per grazia di Dio, Gesù non è meno Gesù del Gesù nel giorno di Pasqua. La Settimana “Santa” è proprio il tempo di sentirci di più uniti al Santo, non tanto per ripetere un evento storico che non può ripetersi (come continua a dire la Lettera agli Ebrei, che ci accompagna in questi giorni), ma per scoprire la profondità presente di quell’evento. Profondità che pure viene ricordata, anche dalla stessa Liturgia. È inutile piangere, più o meno sinceramente, su un evento passato, quando si può piangere e godere sul presente.

04.04.15