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Nella gloria 

 
In e da Dio si produce gioia, perché la sua misericordia dilaga nel peccatore pentito. E nel peccatore che cosa avviene?

Se ci siamo occupati a scorgere per prima istanza, ciò che avviene in Dio, che usa misericordia, poi il primo frutto che si attua in noi, è l’uscita dal nostro egocentrismo.

Un frutto è quello di entrare “nella gloria”, di nostro Signore. La confessione non è una doccia a nostro favore: la doccia è una conseguenza. In altre parole la confessione non è una magia: prima eri sporco, poi hai utilizzato il talismano della confessione, e adesso sei pulito. Nessun sacramento è come l’applicazione di un cerotto sulla parte ferita. Il sacramento è un ricongiungerci con Dio, quel Dio, al cui contatto il cuore si rinnova. La confessione è il “ritorno del figliol prodigo nella casa del Padre”, ossia “riconciliazione”.

La misericordia di Dio è impareggiabile. Con la confessione dei peccati e con il perdono di Dio, entriamo nella gloria del Padre. Perciò frutto del sacramento è sì il frutto donato a un peccatore pentito, ma la conseguenza del dono è entrare nella gloria di Dio, e poi credere di essere invasi di gloria (come in cielo così in terra) e educarci, nello Spirito Santo, a percepirci “gloriosi”, ossia nel ricupero della dignità cristiana, che genera gioia.

Nella gloria davvero siamo figli, ossia rientriamo in quel disegno di Dio (la volontà di Dio), che fin dall’eterno ci ha pensati, ci ha inseriti nella grazia dovuta a Cristo, e ci ha posti nella gloria.

Dal peccato alla gloria (che ancora non vediamo quale è): come il “buon ladrone”: dalla condanna al Paradiso.

16.09.15