HOME

Home > Chiesa SACRAMENTI > Articoli 2016 > L'anima della parola   

L'anima della parola   


      La liturgia presente nel cristianesimo sembra un cadavere, tanto è stilizzata e ingessata dentro norme, che si presentano talvolta inflessibili.

Vivere la messa e la liturgia significa iniettare un'anima nei riti.

Prima di tutto riconoscere e vivere il valore delle parole, che non sono una filastrocca, fatta di frasi e controfrasi. Le parole della liturgia “dicono”, ma spesso sono ripetute soltanto come un suono, e, per di più, monocorde, noioso.

Perciò, quando diciamo “gioia” si apra il nostro sorriso e si animi la nostra voce. Quando diciamo pentimento, si spenga il sorriso e si plachi la voce. Eppure queste norme ovvie, che realizziamo in ogni istante della nostra giornata, noi tendiamo a cancellarle durante la messa o durante ogni liturgia. Sembra che dobbiamo arrivare spenti davanti agli occhi di Dio. Fa sempre capolino la moglie di David, che lo rimproverò di essersi lasciato andare al canto e al ballo, per la gioia di accompagnare l'arca del Signore. Come compenso del suo rimproverare la spontaneità della gioia davanti l'arca del Signore, la donna non ebbe più altri figli. E si trattava solo dell'arca. E ora che abbiamo Gesù sempre presente nelle nostre chiese? Che forse la corrente sterilità delle “vocazioni” non sia una conseguenza dell'agghiacciamento delle nostre liturgie?

Resta comunque che ciascuno di noi può e deve iniettare vita e anima nei riti e nelle parole dell'Eucarestia. Anima che sicuramente si avvera quando si santificano il pane e il vino!  La parola ravviva talmente il rito, da rendere presente Gesù, come pane e come vino! Non è il caso di convincersi che tutta la Messa è Eucarestia, ringraziamento e lode?

16.07.15