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Il coraggio del “vecchio”


      La diminuzione dei preti ordinati, in Italia sta creando ansie e varie soluzioni, che, necessariamente, non tappano tutte le falle. Ed ecco sorgere, tra l’altro, le unità pastorali.

Le chiese orientali, ortodosse e cattoliche, da secoli provvedono a fornire preti che amministrino messe e sacramenti ai figli di Dio.

Mentre in Occidente il prete assume su di sé il duplice compito dei sacramenti e dell’istruzione (catechesi), in Oriente i due incarichi sono divisi, spesso e normalmente.

Il pope deve avere il minimo di istruzione teologica, tanto da esser ben consapevole del servizio che presta; non gli si chiede una grande conoscenza teoretica o biblica: egli è una specie, che ricorda lontanamente l’iman islamico.

Scherzando ho sentito dire da un nostro confratello, che passava al rito orientale: “Egli deve conoscere il catechismo ed avere una bella voce”.

La funzione catechetica la svolgeva il “teologo”, cioè una persona più ferrata nelle discipline bibliche e teologiche.
Di solito pope e teologo erano sposati con famiglia. Soltanto ai vescovi era richiesto il celibato, perciò molti vescovi vengono di tra i monaci.

Però, anche andando alle origini del cristianesimo, non ci incontriamo in regole strangolanti. Gli anziani avevano compiti molto semplici.

Si tratta oggi, anziché piangere sul latte versato, di non aver paura di riprendere molte situazioni, che vigevano alle origini, Infatti le origini non sono soltanto le Scritture, ma anche la prassi, grazie alla quale il Vangelo e, in esso, Gesù sono arrivati fino a noi.

Ci sarà il coraggio di superare il “si è sempre fatto così!”, il che, in fin dei conti, è inesatto.

30.09.16