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Confessione e gioia 

 
       Al battesimo di penitenza, ricevuto da Gesù presso  Giovanni, Dio espresse il proprio compiacimento. Dal peccato accettato al compiacimento del Padre.

La confessione chiede il perdono per rivivere il perdono iniziale della vita cristiana, quello del Battesimo, e il Padre trova modo di gioire. Questo atteggiamento di Dio, ci aiuta a capire il modo e la “quantità” di misericordia, attuata nel sacramento.

Gli effetti del sacramento non riguardano solo l’uomo pentito, ma anche Dio.

Perdonare per Dio è un compiacimento. Si fa festa in cielo per il peccatore che si pente. Per Dio il perdonare è non solo suo potere, quel potere che Gesù esercitò in terra, ma anche autentica gioia e festa “in cielo”, ossia in Dio.

Chiedere davvero perdono è provocare la “gioia di Dio”. Nel nostro miope egocentrismo spesso ci fermiamo a godere per essere lavati, quando davvero lo siamo. Ma poco pensiamo a quanto avviene dall’”altra parte”. Non immaginiamo neppure quanto avviene in Dio.

È sempre presente la parabola del figlio dissipatore e del Padre che gioisce. Noi siamo come il figlio: cerchiamo il nostro tornaconto spirituale, che comunque è assicurato dall’assoluzione. Come il figlio che tornava a casa solo per mangiare. Il padre invece non bada a questo, perché vede solo il figlio che ritorna, e per lui è festa per il ritorno. Il Padre è la figura principale, e per lui lo spreco è piccola parte in raffronto con la gioia.

Noi non sappiamo quale valore abbia la confessione e il ravvedimento, mentre essi fanno tripudiare Dio.

Alla fine di ogni “confessione”, penitente e ministro sono felici, per aver reso felice Dio stesso.

 15.09.15