Cantare la preghiera

Spesso le preghiere e i riti si iniziano con un’esplosione di lode, con un inno.

Anche la messa, dopo la richiesta di perdono per accostarsi “degnamente” (secondo le indicazioni del nostro fratello S. Paolo mosso dallo Spirito Santo), ecco l’esplosione di gioia: “Gloria di Dio nel profondo dei cieli” (ossia ovunque). In genere tutta la prima parte della Messa, che culmina con il canto (a squarciagola!) del “Santo, Santo, Santo”, è piena di lodi. Mentre la seconda parte, dopo la santificazione del pane e del vino, è intrisa di domande.

Però anche nella seconda parte, oltre all’inizio del Padre nostro, si ritorna a lodare: “Tua è la gloria nei secoli!”.

Ora mi sembra acconcio notare come noi, quasi sempre, pronunciamo gli inni di gloria con una faccia seria da funerale, non con il sorriso felice simile al tripudio dei tifosi dopo un gol dovuto ai piedi.

Facce tristi mentre si canta “Gloria a Dio!”. Non mi riesce di immaginare tristi e compunti gli angeli, che alla nascita di Gesù si sono messi a “lodare Dio” (come dice il testo di Luca).

Perfino quando un coro canta il Gloria, non vedo facce sorridenti né in chi canta, né in chi è costretto ad ascoltare, a cominciare dal clero. Un inno che scuote gli angeli, passa sul nostro capo e perfino nella nostra bocca, senza mostrar almeno una traccia di gioia.

Avete sentito il canto-nenia, tutto accucciato a terra dell’”Exultet” (esulti il coro degli angeli!)? Per forza i miscredenti trovano il pretesto per non aderire a una chiesa triste, incapace di gioia.

15.01.14