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Realtà e rito

Talvolta mi chiedo se Dio è così esigente e schifiltoso, come certi galatei liturgici ce lo fanno intendere.

Precisi abiti da cerimonia sono imposti, non solo indicati o consigliati, dal galateo. E Gesù che muore in croce nudo e bruttato! Perché chiamarlo sacrificio derivato dalla Passione di Gesù, un complesso, spesso pomposo, di cerimonie?

Allora nessuna cerimonia e recarsi nudi in chiesa? No! Però non appesantire di atti e di azioni, oggi poco comprensibili, il nostro raduno come “famiglia del Padre, che vive la presenza di Gesù”.

Prima di tutto far risaltare il raduno gioioso e cordiale di fratelli e figli, che si incontrano, per rigustare il calore della famiglia di Dio, che si ritrova riunita. È bella una Messa con calore, nella quale… ci si diverte. Sì, perché anche la preghiera è divertimento, se è tuffata nella confidenza. Divertimento: lo diceva San Giuseppe da Copertino, con il suo solito stile lepido, sebbene la struttura ecclesiastica avesse schiacciato il santo con inaudite sofferenze.

Le liturgie raffinate (fortunatamente oggi in declino perfino in Vaticano) sono come i prodotti di bellezza: più una donna è laida, e più li usa. Così le liturgie, che attirano tutto sui riti, corrono il reale rischio di nascondere un vuoto di fede.

I riti servono soltanto per rendere meno nascosto il mistero, ma non lo svelano. Il mistero è oggetto della fede, non schiavo del rito, come avviene nella concezione dei popoli etnologici o nelle religioni precristiane, come l’Ebraismo e l’Islamismo. Il rito è una mera premessa, ma non assorbe la realtà del mistero.

21.02.14