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Il tormento del “per”

Oggi, per amore di Dio e di Gesù, mi soffermo su un tema lingui-stico.

Il tema è la preposizione “per”.

In italiano corrente il “per” ha assunto un significato di finalità. Per esempio, io lavoro per il guadagno: ossia lo scopo del mio lavorare è quello di guadagnare.

Così: io faccio questo solo per te, ossia allo scopo di giovarti o di piacerti. Per te scalerei le montagne: dice l’innamorato zoppo.

In latino invece il “per” riveste il significato di “mezzo”: attraverso una persona. Il re si fa rappresentare “per” gli ambasciatori. Si sa che in latino il complemento di mezzo si esprime in due modi: con l’ablativo semplice, o con l’accusativo preceduto da “per”. L’ablativo si usa, quando il mezzo, attraverso o con cui si attraversa, esprime l’uso delle cose o degli animali, mentre l’accusativo preceduto dal “per” si usa quando il mezzo o il tramite avviene attraverso una persona.

La versione (errata!) del “per” latino, con un “per” italiano, nel lin-guaggio corrente, è un errore marchiano, che io segnavo ai miei scolari con uno striscio di matita colorata.

Conclusione: tradurre il “per” latino con un “per” italiano è un er-rore. La traduzione è “per mezzo” o “tramite”.

Venendo al dunque. Quando io nei testi liturgici leggo “Per Cristo”, posso capire che la preghiera appena pronunciata sia “a favore” (finalità) di Cristo.
Insomma preghiamo il Padre che aiuti o perdoni Gesù! Invece si vuol dire: “Ti preghiamo tramite Gesù!”.

Ma siamo costretti a commettere errori e menzogne, perché così comandano i liturgisti?                       

08.04.14