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Eroi sequestrati

Gli eroi sono proprietà di chi vince. Chi vince li crea, li proclama, li celebra. Non per celebrare la loro sofferenza, ma l’utile che arrecano al vincitore.

Chi ha perso, però è stato leale con i suoi, ha pagato la fedeltà con la propria morte, quello è un vile illuso, un delinquente che non ha saputo mettersi in tempo dalla parte del vincitore. Invece, come accade spesso, chi ha voglia di muovere le mani, sfogarsi nella lotta e nello stupro, ma tutto ciò ha compiuto o perpetrato dalla parte del vincitore, quello è un eroe!

Poche collocazioni di eroi sono elevate come Ettore e Achille nell’Iliade. Neppure i Romani, dopo l’annessione degli Istri, hanno riconosciuto l’eroismo di Naziario e dei suoi Epulandi.

I vincitori (non quelli che hanno combattuto, ma quelli che hanno finanziato la povera gente perché si facesse ammazzare) si impadroniscono della storia celebrativa e, a loro piacere, scelgono chi far eleggere a eroe. E dietro la celebrazione delle loro gesta, nascondono il proprio orgoglio e, soprattutto, la loro avidità nel rapinare i beni degli sconfitti.

Anche la Chiesa ricorda i propri eroi. Persone che hanno compiuto gesta di pace e di umanità. Ma non ha saputo - se non qualche volta - riconoscere il valore dei perdenti. Eppure la Chiesa inizia con un grande perdente crocifisso.

Avviene che la Chiesa i suoi confessori, testimoni di Gesù, li scambi per eroi. Si impadronisce di essi, reclamando il proprio diritto di dichiararli “santi dalle virtù eroiche”! E i perdenti? Galileo, Giordano Bruno, Ario ecc.? Sono eroi cristiani perché hanno combattuto e sofferto nella ricerca della verità, anche senza scoprirla.

Celebriamo i santi, ma ricordiamo anche i perdenti.

GCM 23.08.11, pubblicato 17.01.12