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Profondità e ateismo

Probabilmente gli atei non sono mai entrati nella profondità di se stessi. Anche l’ateismo scientifico, se mai c’è stato, si ferma soltanto nelle regioni di una riflessione particolare.

E’ impossibile entrare davvero e sinceramente in se stessi, senza trovare Dio: quel “perché ci siamo” e quel “da dove veniamo”, sono domande che lasciano inquieti, sospesi, senza la risposta che si attende, se non si fa il passo che ci fa incontrare Dio.

L’ateo si perde nella superficialità del “perché non”, trascurando il “perché  sì”.

Il credente, che sa scavare liberamente e senza preconcetti dentro di sé (solo il credente è davvero privo di preconcetti, perché non rifiuta nessuna verità!), spazia in ogni regione, visibile e invisibile, sensibile e spirituale.

Il credente si vive libero. Gesù lo disse tranquillamente, come se parlasse di un’ovvietà: “la verità rende liberi”. La verità comunque si mostri,  sempre che trovi la persona disposta alla semplicità della verità.

Le civiltà, di ogni tipo e di ogni tempo, obbligano a stereotipi comuni, imposti dal principe o dall’intellighenzia di turno. La civiltà dice di “educare”, ma troppo spesso diseduca, perché non “e-duce”, non “estrae” dall’uomo la sua semplice identità. Essa impone una identità generalizzata, tra i furbi, e stordisce e svia i semplici.

Il disagio della civiltà si riferisce anche a livello di religione e di fede, non perché la fede crei il disagio, ma perché le religioni fanno parte di quella civiltà.

La fede sola rende liberi.

GCM 11.08.11, pubblicato 29.10.11