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Riflettere un po’

Di questo tempo si parla molto di pedofilia, pratica che attraversa i tempi, perfino reputata morale ed etica in tempi classici. Interessa la paderastia, o il  servirsi della pederastia per colpire qualcuno o una casta? L’enfasi dei guiornali non si è rivolta a compatire i bambini, ma a criminalizzare, giustamente se si vuole, gli adulti, tanto più se preti.

Vorrei esprimere qualche pensiero sulle situazioni di pederastia e di pedofilia.

A) I bambini vivono la situazione - così risulta dalle esperienze cliniche - in modo diversificato, pur sentendo tutti che qualche cosa non va. Il bambino costretto, soprattutto se con la forza, patisce la situazione. Addirittura qualche volta si sente colpevole di un fatto strano (il senso del peccato è escluso, perché il bambino non sa peccare).

B)  Ho incontrato, non raramente, dei bambini che, pur avvertendo qualche cosa che non va, trovano la situazione come un gioco strano. Addirittura talvolta si sentono promossi a guidare un gioco che coinvolge l’adulto.

C) Qualche anno addietro fui invitato a parlare dell’alcolismo tra il clero, a un gruppo di religiosi. Dalle statistiche avute sotto gli occhi, emergeva chiaramente che la percentuale degli alcolisti tra il clero, non si discostava dalla percentuale dell’adulto medio non  chierico. Che la stessa percentuale di pedofilia tra i preti, non sia uguale a quella tra le persone laiche? E mi chiedo: se troviamo pedofili tra i soldati, i medici, gli avvocati, ecc. , perché non enfatizzare la pedofilia dell’esercito, del corpo sanitario, dell’ordine degli avvocati, ecc? Tutte categorie che hanno anche compiti e profili di responsabilità verso i cittadini. Non sarebbe bene provvedere alla loro guarigione, piuttosto che alla loro mera condanna?

GCM 27.03.10  -  pubbl. 09.07.10