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Appropriazione indebita

Viene da ipotizzare una appropriazione indebita, ma non di origine proletaria.

L’idea mi sgorga da un particolare liturgico. E’ il seguente.

 Una lettura della Messa, si inizia con un “lodare gli uomini illustri”. La risonanza salmica, dopo la lettura, si inizia con una lode alla magnificenza di Dio. La risonanza pare un contrapposto ironico alla lettura.

In realtà la risonanza vorrebbe sistemare le cose per il verso giusto: tu lodi gli uomini illustri, ma sappi che anch’essi fanno parte della lodevole creazione di Dio. Tu contempli quegli uomini come un prodotto egregio del tuo popolo e della tua razza, mentre essi sono un dono della bontà di Dio.

Ecco l’appropriazione indebita: pretendi di dichiarare tuo, ciò che è invece di Dio.

E’ il rinnovarsi del peccato di Adamo: “sarete come dei!”. Non opera di Dio, ma creazione dell’uomo.

Il “povero” S.Francesco d’Assisi rischia di essere l’oggetto di una appropriazione indebita. Infatti con orgoglio fu definito  “il più santo degli italiani e il più italiano dei santi”: vanto d’Italia (la frase fu inventata al tempo del fascismo), non opera di Dio.

Se ci accorgessimo che la stessa nostra vita è un prestito, fatto da Dio (Giobbe: lui ce l’ha data, lui ce la toglie), allora il nostro operare non è un esaltare l’uomo che si fa da solo (self made man), ma un ringraziare amorevole Dio, il donatore della vita.

L’appropriazione indebita (perché ti vanti come se non ti fosse data?) è un semplice orgoglio, incapace di sperimentare con serenità e gioia la nostra precarietà.

GCM 27.05.05