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Laicità

La laicità dello Stato non si proclama abbattendo i simboli religiosi: questo è iconoclastia ateistica.

La laicità rispetta ogni simbolo religioso, senza imporlo a nessuno e senza negarlo o proibirlo a nessuno. Però è arduo per chi pretende di essere laico, dopo un passato religioso, non provare la segreta aggressività contro quei simboli, che erano significativi per lui e dai quali si sente ormai escluso inesorabilmente.

E questo accade perché nel fondo della coscienza di chi ha rifiutato la religione rimangono il rimorso e la nostalgia per un bene rifiutato e perduto.

Quando la laicità è autentica, deve pescare dal cristianesimo la forza e la costanza nell’essere rispettosa di tutti. Il rispetto vero non può prescindere da un’interiore carica di Spirito, di quello Spirito che è l’anima della chiesa.

La fatica di restare laico, deve pur nutrirsi di religiosità per non venire meno a se stessa.

La religione della laicità è una copia sbiadita del Cristianesimo, dal quale nasce la laicità degli stati. Un Cristianesimo però senza quel Cristo, che in tempi di stati ierocratici (il Divino Augusto e il Sommo Sacerdote!) ha avuto il coraggio di negare a Cesare quello che spettava a Dio.

Quando la laicità scivola nel laicismo (cosa non rara), essa pretende di accaparrarsi le cose di Dio per sottometterle a Cesare. Tra queste la voglia di diventare la fonte dell’etica, l’interpretazione unilaterale della libertà.

Non soltanto gli stati assolutisti (nazismo, comunismo, fascismo), ma anche le democrazie non resistono alla tentazione di diventare fonte normativa di valori, dimenticando che i valori, a cominciare dal valore dell’uomo, promanano dall’unico che li sa creare.

Gcm 18.02.06