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Paradiso

Mentre i catechismi lentamente, molto lentamente, si liberano da un inutile ciarpame, dopo il Vaticano Secondo, la pubblicità sfrucona tra i rifiuti e si appropria di alcuni lacerti per inserirli tra le proprie infinite idiozie.

E’ il caso di “guadagnarsi o meritarsi il Paradiso”.

Fino a che si merita l’acqua Paradiso, perché la si paga, la frase può avere un senso. Ma più in là, no.

Il paradiso è la nostra immersione in Dio, esso quindi è un dono di Dio già nel tempo, perché esso vive in  noi, con la presenza dello Spirito. Quanto più ci abbeveriamo di Gesù e della volontà del Padre, tanto più viviamo in terra, come si vive in cielo.

Il cielo è Dio. Come Dio è nel cielo (Paradiso), così Dio è in terra. Se tutti credessimo liberamente in Gesù, e, con lui, compissimo la volontà di Dio, la terra al completo sarebbe il Paradiso.

Però non è il nostro comportamento, per quanto retto o rettissimo, che produce il Paradiso, come effetto, ma è Dio, offerto al mondo, che diventa il Paradiso degli uomini.

Una grande disgrazia si è infiltrata nella mentalità dei cristiani: la mentalità commerciale nei rapporti con Dio. Si prega per ricevere. E se non si riceve, si bestemmia. 

Il cristiano è stato liberato dal peccato, e vive libero, poiché non si sente debitore di nessuno; tranne che di amare, come dice S. Paolo. Sappiamo però che l’amore è sempre dono, non è prestazione di prostituta a pagamento.

Siamo stati liberati, ci avverte Paolo; conserviamo la libertà anche nel rapporto con Dio.

GCM 21.06.08