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Santità ed epigenesi

19.05.12

I santi non sono extraterrestri. Qualche cosa di impalpabile, quasi intangibile. Sono semplici uomini, che, con la forza donata da Dio, diventano semplicemente uomini e donne completi.

Era comune, nei testi di pedagogia, il termine “epigenesi”. Essa era applicata ai bambini, che dovevano (e devono) crescere per diventare uomini adulti, completi. Per molti teorici la completezza era raggiunta con l’uso completo dell’intelletto, dell’operosità, e della capacità procreativa. Il resto era non un crescere ulteriore, bensì uno sfruttare e attuare le facoltà acquisite. Una vita non a crescere dentro, in quanto uomini, ma a utilizzare i resti.

Il santo è così intelligente, da capire che ogni persona, proprio in quanto persona, può continuare a crescere umanamente... all’infinito.

La santità è una dinamica di sviluppo, applicata non a opere esterne (professione, ricchezza, conquista di persone e di cose, ecc.), ma al proprio io! Il santo è l’uomo in perenne crescita, fino al sommo della parabola: Dio e il diventare bambini (non il rimbambire!).

La santità, quindi, è l’epigenesi continua, il richiamo a non fermarsi in un appagamento superficiale, accontentandosi nella mediocrità incantata.

La sete di Dio, ogni giorno appagata, e perciò crescente, perché l’appagamento in Dio è appagamento nell’infinito, la sete di Dio dunque è sollecitazione a essere ogni giorno di più. Essere di più, non avere di più. Anzi, quanto più diminuisce l’avere, tanto più aumenta l’essere. L’incontro voluto e cosciente con Dio, ci destina alla vera maturità.

GCM 24.11.11