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Morire in piedi

A un anziano, vegeto, pimpante, attivo, è stato chiesto come voleva morire. E lui rispose: “Spero di essere attivo fino alla fine, e di morire in piedi. Sebbene, per mio comodo, mi piacerebbe morire disteso: si fa meno fatica”:

Morire in piedi, ossia essere attivi fino alla morte. L’attività delle persone sgorga da due fonti: dall’uomo e da Dio.
Essere attivo sempre è un  dono di Dio, che regala l’essere e l’agire. Se l’anzianità dell’uomo porta a diminuire l’attività fisica e mentale, l’attività di Dio dura per sempre: ogni momento e al momento della morte.

Per l’uomo essere attivo è accogliere in sé la forza di Dio, quella che Dio concede nel modo e nella quantità, che lui stima opportuna. Nelle mani di Dio siamo forti quanto a lui basta.  Lui è la misura ultima del nostro operare.

Operare secondo la misura stabilita da Dio, ci suggerisce Paolo. L’importante è che ogni attività sia diretta a costruire la maturità di Gesù, ossia la sua completezza. Il quanto e il come: lui lo decide, secondo le possibilità della nostra natura.

Quell’anziano, che si prefiggeva di morire in piedi, forse non aveva ancora compreso che tutti muoiono in piedi, se muoiono nello Spirito. Gesù è morto, non solo in piedi, ma elevato. Morire nello Spirito, è “emettere lo spirito”, come dice Giovanni di Gesù.

Allora il “come” della morte, cede il passo alla “morte secondo lo Spirito”. Una morte illuminata dallo Spirito è tutto ciò che si può desiderare, e che si deve chiedere. Morire nello Spirito, è morire nella Risurrezione. E’, sì, morire “in piedi”: ossia con i piedi già dentro l’eterno.

GCM 13.07.12