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In Gesù

La mia educazione cristiana, in famiglia, a scuola , al catechismo, in noviziato e nello stuidiare teologia, è stata “acristica”: senza Gesù.

Quando mai, fin da piccolo, mi hanno fatto rilevare che “sono risorto”, per incentrare la coscienza di me stesso sulla risurrezione? Eppure Paolo mi asssicura: “Morti con Cristo e in lui risorti”!

Ho dovuto attendere il tempo della prima comunione (sei anni), per udire, dalla signorina che mi preparava, che Gesù era dentro di me. Ma solo per qualche tempo, fino a che rimanevano le “specie eucaristiche”. E poi la prova della ricezione della particola, perché imparassi a non toccarla con i denti! Bel modo di accostarmi alla “mensa eucaristica”.

Ho dovuto attendere l’incontro con il P. Leone Veuthey per finalmente udire la bellezza della “inabitazione di Gesù” stabile, in me.

Gesù è il tutto della vita “cristiana” e me lo facevano lasciar fuori della porta, ospite trascurato, che scappava da me ogni volta che commettevo qualche sciocchezza. Gesù è il tutto della mia vita, e intanto mi inculcavano una ascesi e una morale, che non si rifacevano alle beatitudini, ma puzzavano enormemmente di stoicismo.

Gesù, il tutto per noi! E a lui si preferivano le gesta degli eroi greci e romani, o le biografie edulcorate ed esaltanti dei santi credenti in Gesù. I riflessi invece della luce.

La necessità della bontà di mio Padre, che in me attivi il suo Spirito. Così a poco a poco riuscirò a togliermi di dosso non i miei limiti naturali (l’uomo che, dicono, nasce nella cattiveria... dalle mani di Dio!), ma le strutture malate di una educazione senza Gesù, e senza la partenza della sua e mia risurrezione.

GCM 15.04.11, pubblicato 30.09.11