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Gesù, speranza

Gesù, alla siro-fenicia da lui beneficata, non ha chiesto di cambiare religione, ma ha accettato la sua fede. Anzi, prima di beneficarla con il miracolo, ha notato la differenza della religione tra Ebrei e pagani. Figli e cani, destinatari della gloria di Dio ed esclusi dal popolo eletto.

Gesù non ha convertito la religione, ma ha mirato al cuore.

La sua persona, e solo quella, fa la differenza tra chi crede e chi non crede.

La stessa situazione si avvera anche con il centurione pagano, che intercede a favore del suo dipendente malato. Gesù, prima di esaudire la richiesta dell’uomo, non gli impone di cambiare religione. La premessa al “miracolo” non è la religione, ma la fede.

Addirittura, a chi si vanta di averlo riconosciuto come “Signore”, Gesù imprime il titolo di operatore di iniquità.

La fede sorvola perfino sulla religione, purché sia vera fede.

Questo ci rinfranca, e ci mostra il cammino per il nostro credere e per indicare la fede agli altri. Gesù va posto in primo piano. Gesù, dietro il quale anche la religione fa da sfondo.

Quale religione?

Ognuna, purché accolga Gesù come salvatore. Il perno resta sempre lui, che riesce a fare dei due un popolo solo, superando ogni discriminazione.

Può Gesù salvare anche il paganesimo diffuso nei nostri giorni e nelle nostre contrade? Può infiltrarsi tra i drogati, gli omosessuali, i divorziati?

Egli, come è presente nei nostri cuori di pietra, così può aiutare là dove l’uomo guarda a lui con avidità, puché l’avidità sia genuina.

Il Gesù della siro-fenicia stimola la nostra speranza, affinché si rassicuri nel desiderare la salvezza di “chi non crede”.

GCM 09.07.11, pubblicato 25.10.11