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Felicità d’amore

La donna, per amore, profuma i piedi di Gesù. Giuda per egoismo critica la manifestazione d’amore. Forse Giuda non sapeva amare. Non amò neppure se stesso, quando decise di impiccarsi. Probabilmente non amava neppure il denaro, ma ne era meramente schiavo.

L’amore non è capito, nelle sue svariatissime manifestazioni, da chi non è stato abituato all’amore. Non solo ad amare, ma anche a ricevere amore. La poca affettività che si potrebbe donare agli altri, è proporzionata all’amore autentico, che una persona alimenta verso se stessa.

Una persona che si rovina, con l’alcool, con la droga, con la coltivazione di comportamenti lesivi del proprio corpo o della propria psiche, non può capire che cosa è amare il prossimo. Probabilmente sarà ferocemente critica verso gli altri, o si attaccherà morbosamente a qualcun altro, illudendosi che l’attaccamento sia amore, mentre è mero egoismo.

Amare noi stessi è prima di tutto rispettare la vera finalità della nostra vita: la felicità ora e sempre. Essere felici è più che essere appagati o sfogare le nostre esigenze. Amare noi stessi è desiderare la nostra felicità, e, per essa, indirizzare nel bene i nostri comportamenti. Essere felici è vivere di fede in Gesù. La comunanza intima con Gesù è assicurazione di felicità, perché è sicurezza di Spirito Santo in noi, quello Spirito, che, essendo unione d’amore tra il Padre e il Figlio, provoca felicità eterna.

Se siamo davvero felici, trasmettiamo felicità attorno a noi. La felicità è contagiosa, se perfino la gioia è contagiosa. Quando Gesù ci dice di amare il prossimo come noi stessi, non fa altro che dissequestrare l’intima felicità, che nasce dall’amare e dall’essere amati.

GCM 18.04.11, pubblicato 05.10.11