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Attirare Dio

Anche quando non ti cerchiamo, tu cerchi noi. Anche se ti dimentichiamo, tu ci ricordi. Anche se non sappiamo parlare, tu ci ascolti, perché tu sempre percepisci le parole del nostro essere deboli. “Ho udito il clamore del mio popolo”, di un popolo sfinito e indebolito dalle angherie. Dio ascolta il nostro silenzio, lo ama: lui non abbisogna di udire parole.

Tu penetri nel nostro silenzio, perché tu sei il silenzio eterno, non necessitante di parole, ma di una Parola, nella quale si condensa il tuo infinito bisogno di essere te stesso, ossia l’Amore.

La mia piccolezza, la mia stupidità, il mio egoismo non ti spaventano, non fanno indietreggiare il tuo amore; anzi ti spingono ad attuare supplementi continui d’amore.

Tu mi cerchi, non per mero tuo bisogno essenziale, ma perché mi ami,  e mi cerchi perché io ti attiro.

Nel debole tu trovi il luogo per la tua forza. La tua forza è la tua stessa saovità. Se è vero che i miti erediteranno la terra, quanto più colui che è la pace e l’assoluta bontà, possederà me e ogni creatura.

La mia debolezza, quella che io vorrei cancellare in una tensione di eroica stupidità (continuazione della stupidità di Adamo), c’è il polo negativo, che naturalmente attiva la tua infinita positività d’amore.

Esporre liberamente a te la mia stupidità è la mia silenziosa richiesta di essere compreso e confortato.

Tu ci sei, perciò la mia speranza non si spegna. Tu ci sei, perciò il mio nulla può continuare a non spaventarmi. Tu ci sei, e nel tuo essere si scioglie questa mia vita e questo mio cuore.

Tu ci sei, e anche quando io non ti cerco, tu mi cerchi.

GCM 29.07.11, pubblicato 26.10.11