La morte di Raimondo Vianello ha sollecitato un nugolo di bontà.
La sua bontà e signorilità riconosciuta, dopo critiche non sempre benevoli rivoltegli durante la vita.
Lui che, ricevuta l’assoluzione sacramentale e il sacramento degli infermi, si trova nel seno del Padre.
L’attenzione commossa di molti per le condizioni della vedova.
La fede nel Paradiso, perché - è stato detto - lassù si incontrarà con Tognazzi e i due faranno grandi risate.
Una morte, che risveglia fede e speranza assopite, forse disprezzarte da quelli stessi, che oggi s’accorgono che c’è un dopo, un aldilà.
Non è la prima morte che colpisce e scava nella sezione più bella della vita di ogni uomo.
Un’altra morte aveva ridestato prima dolore e disperazione, poi fede e coraggio incommensurabili. Le morti non solamente appaiano ricchi e poveri, sapienti e stupidi, come spesso ricorda la Bibbia, ma uniscono l’uomo a Gesù, la terra al cielo.
Il mistero della morte, sveste l’uomo da ogni sua parvenza di superiorità, e tutti si piegano a considerare il valore e la funzione della morte. Essa, nel caso di Vianello, provoca un sussulto di umanità anche nelle persone celebri e potenti.
Sussulto di umanità verso chi è morto e timore per chi è rimasto vivo. Con la morte non si scherza, e tutti restiamo appiedati.
Però questo restare appiedati, toglie gli orpelli dietro i quali abbiamo tenute nascoste la nostra fede e la nostra umile e reale piccolezza.
GCM 17.04.10 - pubbl 06.07.10