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Orizzonte felicità

La felicità si conquista, non è di facile conseguimento.

Il piacere o la soddisfazione stanno dietro la porta. La felicità è stabilita in fondo al corridoio.

Gesù: la via è angusta, la porta è stretta se si vuol raggiungere la vita. Larga è la via che conduce alla rovina. Molti la imboccano.

Anche il personale lavoro psichico per chi decide (non soltanto desidera) di guarire dalle sofferenze emotive ed esistenziali, è un lavoro paziente e lungo. E’ lavoro paziente, perché è attività dell’uomo su quella materia resistente alla trasformazione, che è l’uomo stesso.

Il bene si acquista con passi quotidiani, il male è un precipizio dentro il quale è agevole cadere. Non per nulla, la tradizione di molte culture, rappresenta il bene, come una montagna da scalare.

La felicità è possibile, perché il rodìo interno può essere trasformato da malessere a stimolo.

Però lo stimolo, se non è diretto, lascia adito all’infelicità. Infatti lo stimolo, se è accompagnato da ricerca costante, conduce alla luce della serenità. Se lo stimolo è interpretato come semplice bisogno di appagamento, provoca il corto circuito del piacere immediato.

Intravedere, spesso per una luce di bagliore improvviso, la soluzione della nostra infelicità, non ci sprofonda immediatamente nella felicità. Il ragionare sul bene non ci rende buoni sull’istante. Troppe persone credono di impossessarsi immediatamente delle virtù che desiderano esercitare.

Il lungo lavoro si inizia con la considerazione e la riflessione articolata sulla felicità da raggiungere. Questo lavoro ne favorisce l’ammirazione, l’ammirazione stimola l’azione.

GCM 23.06.09