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La piccolezza

E’ bello offrire la nostra piccolezza a Dio. Le nostre miserie, i nostri errori, le nostre topiche e i nostri peccati. Offrire a Dio questo cumulo di negatività è offrire a Dio la nostra umiltà. E donargli l’occasione di vedere la bassezza dei suoi servi, e d’ora in poi tutti ci chiameranno beati.

Forse troppo tardi abbiamo conosciuto la bellezza dell’umiliazione, non per la sofferenza che crea in noi, ma per l’occasione presentata a Dio.

Talvolta riconoscere il nostro peccato ci addolora, soprattutto perché temiamo il giudizio del nostro narcisismo o il giudizio del prossimo. Però la gioia che rechiamo a Dio nel perdonarci, è tanta che da lui si riversa dentro di noi.

Ciascuno di noi ha un settore della propria intimità, che più affanna. Ma è proprio nel manifestare a Dio quel settore, che poi si fa luce espansa su ogni altro settore della vita.

Di più: quando quel settore è manifestato a Dio senza reticenze, altri settori si illuminano e la paura di aver sbagliato o di aver peccato si dissolve, perché vediamo che le cose si aggiustano. Senza accorgercene, si scopre che le cose si mettono a posto quasi spontaneamente. Come l’acqua trattenuta da un grumo, che, tolto questo, sgorga prima e scorre poi.

Se accettiamo la nostra piccolezza, perfino il riconoscerci umili diventa spontaneo, non un vanto, ma un inno al Padre, che ci ha dato il dono dell’umiltà.

Allora il mostrarci e il dirci umili davanti agli altri, non è più gravame di emozioni, ma raggio di luce che ringrazia il Padre.

GCM 24.03.09