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Farmi santo
 

   L’ideale dei seminari di un tempo, era quello di presentare modelli sublimi di santi (perché gli educatori non erano modelli imitabili), e spingere i poveri adolescenti a imitarli. Nei diari dei seminaristi si doveva scrivere: “Devo farmi santo, grande santo, subito santo”.

Quale perversione!

Perversione perché la voglia di imitare il modello eroico, propria degli adolescenti, era destinata a sgonfiarsi, e perché si educava l’adolescente a imitare ciò che era, o che si manifestava, grande, e che poi fu fatta propria dalle “luci della ribalta”.

Perversione di quel “devo farmi santo” dove si faceva credere, purtroppo, che la santità dipendeva dalle possibilità umane, dalla volontà dell’uomo. Che la santità sia opera dello Spirito Santo, neppure passava per la testa degli educatori (come per quella dei genitori di allora).

Perversità nel volere farsi “grande santo”. Chi può misurare la santità? Se poi si è convinti che la santità è opera dello Spirito Santo, chi poteva imporre allo Spirito la quantità della santità? Perciò molti novizi, appena scoperta la  “piccola via” di Teresa del Bambino Gesù, vi si gettarono dentro con tutta la persona.

Perversità nel voler diventare “subito santo”. E’ questa la negazione del progressivo sviluppo della psiche, che non ammette salti nel tempo, e che diventa nevrotica quando pretende di essere ciò che realmente non è. E’, questa, pure la negazione di Gesù, uomo incarnato, che cresce tanto nella sua vita, fino a prendere coscienza, però soltanto nell’ultimo periodo della propria esistenza, di essere Figlio di Dio.

Si può notare come taluni preti, anche da adulti, rimangono abbarbicati a quel “devo” adolescenziale, con scrupoli e frustrazioni annessi.

GCM 17.06.09