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Rimpianto

Il rimpianto, negli anziani che non si consolano con il bar o con viaggi organizzati, è di casa e opprime. La giovinezza spensierata riappare nella memoria come l’eldorado perduto.

L’anziano attivo non patisce rimpianti, perché egli è in grado di guardare avanti e di sfruttare ogni energia presente, non ultima la preghiera.

Il rimpianto per ciò che si poteva compiere e non si è compiuto, intristisce per la sua improduttività, quando non si trasforma in produzione lirica, per chi riesce ancora a scrivere.

Eppure il rimpianto potrebbe anche trasformarsi in stimolo. Infatti ciò che si rimpiange, si desidera o addirittura si ama.
Ciò che si ama non è mai morto, e può essere ridestato in forme nuove. La spensieratezza in intuizione. La corsa in cammino. Il piacere in contemplazione.

Perfino le lacrime, prodotte dal rimpianto, possono risvegliare quella parte di noi, dove alberga la tenerezza. E la tenerezza può essere utilizzata per accostare con cuore aperto le nuove situazioni umane, personali e sociali.

La tenerezza dei rimpianti non si arresta al passato, ma aiuta a riaccostarsi al presente con simpatia e con il cuore aperto.

Si sa che il rimpianto è una sensibilità, un sentimento, un’emozione. E proprio dal mondo delle emozioni vengono create le opere umanamente più significative. Tra queste il desiderio dell’abbraccio definitivo con Dio.

Rimpiangere, per chi è abituato a parlare con Dio pregando, è anche quel senso di nostalgia, che ci coglie quando ci accorgiamo di esser esuli sulla terra.

GCM 17.05.08